Vi piacciono i cambiamenti? Speriamo di sì, perché domenica, comunque vada, ce ne sarà uno molto grosso: ci sono le elezioni in Germania e Angela Merkel, per la prima volta dopo trent’anni da parlamentare e sedici da cancelliera, ha deciso di non ricandidarsi. Sarà una piccola rivoluzione per chi, come i tedeschi e, lato sensu, tutti gli europei, si è abituato alla sua presenza, alla sua guida e alla sua autorevolezza.
Dopo sedici anni alla guida del Governo, la cancelliera lascia quindi la politica, affidando alla Germania il compito di scegliere chi dovrà succederle. Ma l’incertezza regna sovrana e solo alle 18:00 di domenica, quando chiuderanno i seggi in tutto il Paese, potremo iniziare a capire qualcosa di più sul futuro politico dello Stato più popoloso dell’Unione Europea.
Il calo della CDU e l’incertezza dello scenario
A pochi giorni dal voto i sondaggi ci parlano di elezioni ben avviate verso un sostanziale pareggio, ma fino a pochi mesi fa la situazione era molto diversa: inizialmente infatti la CDU, il partito di centrodestra di Angela Merkel ora guidato da Armin Laschet, era data per grande favorita, ma con il prosieguo della campagna elettorale ha via via perso terreno fino a ritrovarsi a essere oggi, secondo i sondaggi, il secondo partito. Sarebbe comunque più corretto parlare di Unione più che di CDU, dal momento che quest’ultima è presente in tutto il Paese tranne che nel Land della Baviera, dove lascia il posto al suo partito-gemello, la CSU, con la quale forma appunto quella che dai tedeschi viene chiamata Union.
In ogni caso, se la CDU/CSU è seconda nei sondaggi, quale sarebbe il partito in testa nelle intenzioni di voto? In cima alle preferenze degli elettori sembrano esserci i socialdemocratici della SPD guidati da Olaf Scholz, figura molto più carismatica e popolare di Laschet e soprattutto considerato da molti il ‘vero’ erede di Angela Merkel, poiché oltre a ricoprire la carica di ministro delle finanze è anche vicecancelliere nell’attuale governo di grande coalizione (Große Koalition) formato dalla CDU/CSU e dalla SPD. Sì, perché dal 2005, cioè da quando Merkel è alla guida della Germania, la CDU/CSU non ha mai avuto i numeri per governare da sola, ma si è alleata sia con la SPD (dal 2005 al 2009 e di nuovo dal 2013 fino a oggi) sia con i centristi liberali della FDP (2009-2013).
Sia la SPD che la CDU/CSU non propongono scossoni, non hanno programmi di rottura, non parlano di cambiamento e di rivoluzioni, anzi: al contrario di quel che succede in altre elezioni, la cosa migliore da promettere ai tedeschi del 2021 è la continuità con il passato. Così, con i loro programmi fortemente europeisti contraddistinti da differenze non così enormi (del resto, riescono a governare insieme da 8 anni), i due partiti si preparano – a meno di sorprese – a ottenere un sostanziale pareggio in queste elezioni, con i sondaggi che attribuiscono loro rispettivamente il 25 e il 21% dei voti, stando all’ultimo aggiornamento della media dei sondaggi di Politico. Alla luce di questi numeri (e della legge elettorale che regola le elezioni tedesche) né la SPD né la CDU potranno governare da soli, ma dovranno per forza stringere accordi per cercare una maggioranza stabile in Parlamento, allo stesso modo di quanto già fatto dalla Merkel nei suoi 16 anni da cancelliera.
Al momento però, nessuno ha davvero idea di come potrebbe comporsi una maggioranza solida. Molto dipenderà da quanti voti – o meglio, seggi nel Bundestag – prenderà ciascun partito: in particolare, andranno valutati i risultati dei Verdi (che avrebbero dovuto rappresentare la grande sorpresa di questo voto, ma che invece sono ora al 15%), della FDP (data all’11%), dell’estrema destra di AfD (anch’essa intorno all’11%) e dell’estrema sinistra della Linke (al 7%).
Il modello dell’Economist lascia aperta ogni possibilità
Per aver un’idea di quanto grande sia l’incertezza e di quanto tutte le ipotesi siano ancora sul tavolo, basti sapere che poche settimane fa l’Economist ha realizzato un modello incentrato sulle varie ipotesi di coalizione che potrebbero formarsi dopo il voto. Da questo modello emerge che allo stato attuale vi sono grosso modo le stesse possibilità che si crei una maggioranza “Semaforo” (ossia con socialdemocratici, liberali e verdi), una maggioranza “Giamaica” (con CDU, liberali e verdi) o una maggioranza “Germania” (con CDU, liberali e SPD). L’unica cosa che pare davvero certa è la conventio ad excludendum nei confronti della destra sovranista e populista di AfD, con cui nessun partito vuole entrare in coalizione.
Il fatto che il modello dell’Economist dia per egualmente probabili possibili coalizioni così radicalmente diverse tra loro significa che nessuno, al momento, sa davvero cosa succederà: a fare la differenza saranno probabilmente il numero dei parlamentari ottenuti da ciascun partito e le capacità tattiche e di negoziazione di ogni leader. Angela Merkel, in questo, si è sempre dimostrata una fuoriclasse.
Le legge elettorale
Proviamo infine a capire come si elegge il Bundestag, perché il sistema elettorale non è così intuitivo. Innanzitutto, è fondamentale sapere che ogni elettore dispone di due voti.
Il primo voto (Erststimme) viene utilizzato per il collegio uninominale: il territorio tedesco è infatti suddiviso in 299 collegi uninominali e in ognuno di essi viene eletto deputato chi ottiene la maggioranza relativa dei voti validi – proprio come accade nel Regno Unito, negli Stati Uniti o, limitatamente alla parte maggioritaria del Rosatellum, in Italia.
🇩🇪 #Germania: secondo l’ultima proiezione INSA, la SPD potrebbe vincere il doppio dei collegi uninominali della CDU/CSU, a cui resterebbero quasi solo i collegi di Baviera e Baden-Württemberg. Ricordiamo comunque che la legge elettorale prevede anche una parte proporzionale. https://t.co/CKYWxM25hg
— YouTrend (@you_trend) September 22, 2021
Con il secondo voto (Zweitstimme) tutti i 598 seggi del Bundestag vengono assegnati a ciascun partito in maniera proporzionale ai suffragi espressi, con il metodo Sainte-Laguë e un correttivo: la soglia di sbarramento al 5%. Per ogni partito, però, il numero degli eletti nei collegi uninominali, cioè col primo voto, viene sottratto al numero di seggi che gli spetterebbero con questo secondo voto.
Ma cosa succede se in un Land il numero dei deputati di un partito eletti col primo voto è superiore al numero dei seggi attribuiti al partito attraverso il secondo voto? Tutti i candidati eletti direttamente entrano a far parte del Bundestag, con i seggi in soprannumero attribuiti in questo modo che vengono denominati “mandati in eccedenza” (Überhangmandat). Questo, tuttavia, altera la proporzionalità della rappresentanza del Bundestag, motivo per cui è previsto che il numero base di seggi, ossia 598, può aumentare con l’introduzione di seggi compensativi previsti appositamente per riottenere quella proporzionalità che i mandati in eccedenza alterano. Per esempio, alle elezioni federali del 2017 sono stati eletti 709 deputati, 111 in più del numero base.
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