Bologna “La Dotta, La Grassa, La Rossa”. La città che si espande sotto le Due Torri è una delle roccaforti del centrosinistra in Italia: dal Secondo dopoguerra in poi il capoluogo dell’Emilia-Romagna ha avuto un solo sindaco di centrodestra, Giorgio Guazzaloca, che ha amministrato la città dal 1999 al 2004. Per tutto il resto del tempo si sono susseguite amministrazioni di sinistra o di centrosinistra: dal Partito Comunista Italiano fino al Partito Democratico, con parentesi anche di giunte guidate dal Partito Democratico della Sinistra e dai Democratici di Sinistra.
Quest’anno i cittadini e le cittadine bolognesi sono chiamati, il 3 e il 4 ottobre, a eleggere il sindaco dopo dieci anni di sindacatura di Virginio Merola, rappresentante del Partito Democratico ed eletto a Palazzo D’Accursio per la prima volta nel 2011 nonché l’unico sindaco cittadino ad essere mai stato rieletto per un secondo mandato (2016). Se, come sembra, queste elezioni non si annunciano molto combattute, la storia recente della Regione ha visto invece sfide avvincenti che hanno fatto scricchiolare l’egemonia rossa.
Le regionali 2020
Il 26 gennaio 2020 i cittadini emiliano-romagnoli sono andati a votare per scegliere chi, tra Stefano Bonaccini (Pd) e Lucia Borgonzoni (Lega), avesse dovuto guidare la regione. Alle Europee del 2019 PD, +Europa, Europa Verde e La Sinistra avevano raccolto il 39,6% delle preferenze contro il 44,3% della coalizione di centrodestra: la sfida era quindi aperta. La campagna per viale Aldo Moro ha visto scendere in campo anche il leader della Lega, Matteo Salvini: tristemente celebre la citofonata a furor di camera con cui chiedeva agli inquilini di un palazzo del Pilastro, periferia di Bologna, se lì dentro si spacciasse droga
A contrastare Salvini, però, arrivò inaspettato un movimento che da lì a poco sarebbe diventato famoso con il nome di Sardine. Il 14 novembre 2019, mentre Salvini parlava al PalaDozza, circa 11 mila persone si radunavano in piazza Maggiore: gli organizzatori dell’evento creato su Facebook auspicavano di superare le 6mila presenze, per superare la capienza dell’ex Palazzetto dello Sport, ma alla fine furono molti di più. Se secondo molti fu proprio quella manifestazione a garantire la vittoria di Bonaccini (51,4% delle preferenze contro una Borgonzoni ferma al 43,6%), un’analisi effettuata alla vigilia del voto da YouTrend sui campi lessicali utilizzati da Bonaccini e Borgonzoni sui social ha rivelato che le Sardine non sono in realtà entrate a far parte del messaggio dei due candidati. A favorire il centrosinistra è stato piuttosto l’effetto-Bonaccini, il cui operato – secondo una classifica SWG – è stato ritenuto efficace dal 62% degli emiliano-romagnoli. Le regionali del 2020 segnalarono anche la disfatta del M5S, passato dall’essere il primo partito nelle politiche del 2018 a raccogliere solo il 7% delle preferenze.
La coalizione guidata da Bonaccini finì per affermarsi in tutte le zone della città con più del 60% delle preferenze, tranne nella zona dei Colli, dove la coalizione del centrodestra prese il 42,8%, rimanendo comunque indietro rispetto al centrosinistra (55,1%). Rispetto alle elezioni comunali del 2016, il centrosinistra recuperò nelle quattro zone del centro di Bologna (Galvani, Irnerio, Malpighi, Marconi) dove Bonaccini ottiene in media il 30% in più delle preferenze rispetto a quelle ottenute da Merola durante il primo turno delle comunali, quando aveva invece trovato la sua roccaforte nella zona di Borgo Panigale, dove aveva ottenuto il 45,7% dei voti.
La geografia del voto restituì delle dinamiche simili a quelle verificatesi negli altri grandi centri urbani italiani: il Partito Democratico diventava sempre più popolare nei centri città, mentre tendeva a perdere colpi nelle periferie. Una tendenza che risultava particolarmente evidente guardando ai risultati delle elezioni europee 2014 e 2019. Nel 2014, infatti, il centrosinistra (PD, Italia dei Valori, Verdi Europei) vinceva in tutti i quartieri della città, con un vantaggio maggiore sul centrodestra nelle zone Barca (62,1%), Borgo Panigale (62,1%) e Corticella (62,1%), mentre vinceva ugualmente, ma con un vantaggio più moderato, nei quartieri del centro città. Cinque anni dopo, nel 2019, i risultati delle Europee hanno restituito un risultato diverso. Il centrosinistra (PD, +Europa, Europa Verde) si confermava vincente in tutte le zone di Bologna, ma con un aumento di popolarità nei quartieri centrali, mentre scendevano – seppur di poco – i voti nelle periferie.
Contrariamente a questa tendenza ormai acclarata per cui il centrosinistra risulta sempre più popolare nei quartieri centrali, la zona dei Colli è rimasta storicamente una delle più a destra di Bologna. Ad avvantaggiarsi di più dello scollamento tra sinistra e periferia, però, sarebbe stato in passato il M5S: stando a quanto riportato da Marco Valbruzzi dell’Istituto Cattaneo, alle ultime politiche i punti percentuali persi dal Pd rispetto a 5 anni prima sono stati più del doppio nelle aree ad alto disagio rispetto a quelle a basso disagio, ma mentre la crescita della Lega non sembrerebbe essere stata legata a questo dato, quella del Movimento 5 Stelle si è invece concretizzata totalmente proprio nelle aree a medio e ad alto disagio. Non sembrerebbe dunque un caso che il Pd alle comunali del 2021 abbia deciso di correre insieme al M5S.
Le comunali 2021
Le primarie
Il 20 giugno a Bologna sono andate in scena le primarie per il centrosinistra. A sfidarsi sono stati l’assessore alla Cultura uscente della giunta uscente Matteo Lepore (Pd), e la sindaca di San Lazzaro di Savena Isabella Conti (rappresentante di Italia Viva). I risultati hanno confermato i pronostici con la vittoria di Lepore, ma con un margine non così ampio come ci si sarebbe aspettati: 59,6% dei voti (15.708), contro il 40,4% (10.661) della sfidante. Conti ha comunque deciso di sostenere Lepore nella corsa per Palazzo D’Accursio con la sua lista “Anche tu Conti”, che però non ha incluso gli assessori in quota Pd che le avevano dato sostegno: su tutti, Alberto Aitini e Virginia Gieri.
Un dato interessante emerso dalle primarie è stato quello dell’alta affluenza, che ha toccato i 26.396 voti. Un altro dato importante è che Lepore ha prevalso anche grazie al sostegno di una coalizione ampia con al suo interno Coalizione civica – che aveva corso da sola alle Amministrative del 2016 – e di pezzi importanti della sinistra bolognese, oltre ad aver ricevuto l’appoggio del Segretario nazionale del Pd Enrico Letta e di personalità importanti come Romano Prodi. Appoggio a Lepore arrivato anche dal movimento delle Sardine, cementato dalla candidatura al Consiglio comunale di Mattia Santori, uno dei fondatori del movimento. Lepore ha vinto anche nella consultazione online, novità assoluta di queste consultazioni.
La campagna elettorale
La campagna elettorale di Lepore è stata incentrata sull’ascolto attivo dei cittadini, incoraggiati a partecipare alla stesura del programma elettorale attraverso varie iniziative sia online che in presenza. I temi utilizzati sono stati quelli tipici dell’attuale centrosinistra: inclusione, diritti e ambiente, ma anche attività per i giovani attraverso sport e cultura. Lepore ha deciso di puntare su uno stile comunicativo che possa avvicinare i cittadini, soprattutto i giovani, attraverso messaggi semplici, come quello dei suoi manifesti (“Bologna progressista democratica”). Un dato interessante per spiegare le dinamiche della coalizione a sostegno di Lepore è che il Pd si è accaparrato tutte le candidature per le presidenze dei quartieri, non lasciando spazio né al Movimento 5 Stelle né a Coalizione civica.
Il centrodestra, invece, ha fatto fatica a trovare il proprio candidato. Alla fine ha prevalso la linea della Lega, che ha appoggiato la candidatura del civico Fabio Battistini, con Forza Italia che non ha perso occasione per insinuare che il candidato da loro proposto – Andrea Cangini – sarebbe stata una scelta migliore. Lo scollamento della coalizione, in cui Fratelli d’Italia dovrebbe essere il primo partito, è testimoniato anche dal mancato accordo sui candidati alla presidenza dei quartieri, dove ogni partito presenterà il proprio nome. Anche nel quartiere Santo Stefano, governato finora dalla forzista Ilaria Giorgetti e storicamente uno dei luoghi più a destra di Bologna.
Per quanto riguarda i temi più a cuore dei bolognesi, alcune indagini indicano i temi del lavoro e della sicurezza come quelli più sentiti dalla popolazione, seguiti dalla scuola e dalla sanità. Stando a questi numeri, la scelta di Lepore di fare una campagna incentrata anche sul lavoro risulterebbe corretta, nonostante Bologna sia una delle città italiane con il tasso di disoccupazione più basso (nel 2020 era il 4,4%). Battistini, invece, ha puntato sulla sicurezza, soprattutto attaccando la gestione dem della periferia Pilastro e della zona universitaria, con Piazza Verdi in cima. Su quest’ultima il Pd ha rincorso, annunciando di aumentare i controlli contro il degrado a partire dal 30 settembre, attraverso una scelta del sindaco uscente Merola.
Dopo sanità e scuola la medaglia di legno delle priorità per i cittadini bolognesi risulterebbe essere la tutela dell’ambiente: paradossale quindi pensare che tra i temi al centro della campagna elettorale ci siano stati soprattutto il cosiddetto Passante di mezzo (un raccordo unico per tangenziale e autostrada) e la nuova linea rossa del tram. Durante la battaglia per le primarie Lepore ha proposto una svolta green per il Passante, con l’aggiunta di una fasciatura fotovoltaica e altri interventi di mitigazione: la Conferenza dei servizi, che dovrà decidere, si è presa tre mesi da luglio per emettere un verdetto, che arriverà quindi dopo le amministrative. Per il tram, invece, si parla di un’opera finanziata dal governo con 509 milioni di euro che prevede l’abbattimento di 600 alberi per essere realizzata. Con la promessa di ripiantarne il doppio che, una volta entrati a regime, dovrebbero avere una capacità ancora maggiore di combattere l’inquinamento.
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