Doveva essere una delle poche certezze del centrodestra e invece Salvini, Meloni e Berlusconi dovranno attendere l’esito del secondo turno. A Trieste non ce l’ha fatta il sindaco uscente Roberto Dipiazza a garantirsi il suo quarto mandato alla guida della città. Perlomeno, non ancora.
Nonostante i sondaggi avessero ipotizzato questo scenario, il centrodestra triestino sperava di prevalere già al primo turno, per varie ragioni: la popolarità del candidato, la congiuntura politica regionale favorevole al centrodestra e la frammentazione del centrosinistra. Alla fine, Dipiazza si è avvicinato – e di tanto – al 50%, ottenendo il 46,9% dei voti, il 15% in più di Francesco Russo, sostenuto dal PD e da altre 5 liste. Il candidato del centrosinistra si è fermato al 31,6%. Per il Partito Democratico c’è tuttavia una magra consolazione: è il primo partito della città con il 16,5%, davanti a Fratelli d’Italia che è passata dal 4% del 2016 al 15,5% di quest’anno.
A contendersi Palazzo del Municipio non c’erano però soltanto i due big appoggiati dai principali partiti nazionali. Trieste era una delle città con più candidati sindaco in questa tornata elettorale, ben 10. Spicca fra tutti sicuramente Riccardo Laterza di Adesso Trieste, civico di sinistra che ha raccolto l’8,6% delle preferenze. Laterza ha sottratto consensi a Russo, ma comunque non abbastanza da impedire al vicepresidente del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia di vincere già al primo turno, un obiettivo difficile anche senza tutta questa divisione a sinistra.
La vera sorpresa di queste elezioni è rappresentata dal Movimento 3V, il cui candidato no-vax Ugo Rossi ha ricevuto 3.702 voti, pari al 4,4%, riuscendo ad entrare in consiglio comunale. Rossi era assurto agli onori della cronaca per essere stato arrestato poche settimane prima del voto dentro a un ufficio postale senza mascherina. Il risultato del Movimento 3V è strabiliante non solo per la capacità di eleggere un consigliere, ma soprattutto perché si attesta come quarta forza a livello cittadino, sopra il Movimento 5 Stelle, al minimo storico.
La grillina Alessandra Richetti ha conquistato il 3,4% dei suffragi, un dato che, se paragonato alle ultime amministrative, certifica il crollo trasversale dei 5 Stelle. Cinque anni fa, infatti, il pentastellato Paolo Menis raggiunse il 19%. Dell’emorragia elettorale dell’M5S hanno giovato sia il centrosinistra, che è aumentato di 2 punti rispetto alla performance dell’ex sindaco Roberto Cosolini nel 2016, sia il centrodestra, cresciuto in percentuale di 6 punti.
L’affluenza più bassa di sempre
L’affluenza a queste comunali a Trieste è stata la più bassa da quando si elegge direttamente il sindaco. Il 46%, ovvero 85.313 persone, si è recato al seggio, su un totale di 184.489 elettori, 1.000 in meno di 5 anni fa. Trieste è inoltre la città più anziana tra i capoluoghi di regione al voto in questo ciclo di amministrative, con un’età media di 49 anni.
Ad aver influito negativamente sull’affluenza potrebbe essere stata l’insolita data elettorale. In Italia non si vota mai in autunno e l’unico precedente vicino con cui fare un confronto è il referendum del 20 e 21 settembre 2020. In quel caso a Trieste l’affluenza fu del 43,7%. La tendenza appare ad ogni modo chiara ed inequivocabile, indipendentemente da altri fattori esogeni: la maggioranza degli elettori stavolta ha preferito l’astensione.
Nel 2016 l’affluenza nel capoluogo giuliano fu del 53%, ma si votava solo in un giorno, mentre nel 2011, in due giorni, votò il 56%. Numeri che difficilmente verranno confermati in ottica ballottaggio, dove storicamente si registra sempre un calo (nel 2016 la differenza col primo turno fu dell’1% in meno).
Alleanze e conseguenze politiche
Secondo i sondaggi, la sfida del secondo turno dovrebbe premiare Roberto Dipiazza, già vincitore nel 2001, nel 2006 e nel 2016. Russo deve recuperare più del 15% di svantaggio sul primo cittadino in carica e ampliare ulteriormente la propria base per superare il 50%. Per compiere questo autentico miracolo, il candidato del Pd dovrebbe contare sull’appoggio di Adesso Trieste, del Movimento 5 Stelle e di Europa Verde e recuperare circa 12.000 voti. Sommando i risultati del centrosinistra a quelli di queste forze politiche, Russo otterrebbe il 45,3% e non riuscirebbe neppure a raggiungere la prestazione di Dipiazza al primo turno. L’orientamento del restante 7% risulterà perciò determinante: chi si assicurerà questi voti verosimilmente verrà eletto nuovo sindaco di Trieste, ma individuare in anticipo verso quale candidato migreranno gli indecisi resta un mistero.
Una vittoria di Dipiazza metterebbe al sicuro il controllo quasi assoluto della regione da parte del centrodestra, al governo in tutti i capoluoghi di provincia, non ultimo Pordenone che ha riconfermato Alessandro Ciriani con il 65%. In generale, per il centrosinistra friulano è stata una tornata disastrosa, avendo perso anche dove il sindaco uscente cercava il secondo mandato (Grado).
A Muggia, un comune della provincia di Trieste, il vicesindaco di Trieste della Lega, Paolo Polidori, ha sconfitto l’amministrazione uscente di centrosinistra ed è stato eletto sindaco. Mentre il centrodestra italiano si lecca le ferite, il Friuli Venezia Giulia va in controtendenza e vira sempre di più a destra.
Il successo di Russo a Trieste darebbe, viceversa, una piccola speranza di ripresa al centrosinistra dopo l’annus horribilis 2018 in cui la Lega conquistò sia la Regione, sia il comune di Udine. Il Partito Democratico in FVG punta a ripartire da Trieste, dove è tornato primo partito dopo essere stato scalzato dalla Lega alle politiche del 2018 e alle europee del 2019, ma non sarà facile.
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