La situazione politica italiana può essere riassunta dalla grafica con cui si presenta? Certo che sì: guardando per esempio i simboli elettorali presenti alle ultime amministrative si possono ricavare alcune considerazioni interessanti.
Premessa: da qui in avanti prenderemo in esame solamente le 5 principali città al voto il 3-4 ottobre 2021: Bologna, Milano, Napoli, Roma e Torino. Politicamente, inoltre, parleremo di centrosinistra e centrodestra, e cioè generalmente delle coalizioni maggiori, pur sapendo però che in particolare Roma rappresenta una storia un po’ a sé avendo avuto altri due candidati con percentuali in doppia cifra al primo turno. Ciò che ci interessa è valutare una tendenza visiva a livello nazionale, e in questo le grandi città, dove è più facile che si strutturino e si ripresentino le medesime realtà, potrebbero essere più rappresentative dei comuni minori, che invece spesso a livello visivo hanno dei codici territoriali propri.
È bene quindi partire dai numeri: di quanti simboli parliamo? In totale abbiamo preso in esame 73 bolli elettorali, 41 di liste di centrosinistra e 32 di centrodestra.
A balzare subito all’occhio è il colore in generale dei simboli. Comunemente, infatti, è prassi associare il rosso alla sinistra e il blu alla destra – una tendenza, quest’ultima, resa evidente in tempi recenti dalla Lega, che nell’abbandonare il “Nord” dal nome ha optato per il blu come colore identificativo al posto del verde. A guardare bene però i simboli presentati nelle 5 città più popolose al voto, se a destra troviamo conferma di questo senso comune, nel centrosinistra troviamo non poche sorprese.
Il colore più diffuso non è infatti il rosso, bensì il verde. Ciò naturalmente è dovuto soprattutto alla presenza di Europa Verde, ma anche alla scelta del PD in 3 città su 5 di sfruttare una fascia di quel colore per inserire il nome del candidato. Qui però si inserisce un altro tema, che è oltretutto ciò che balza più all’occhio in questa particolare rappresentazione visiva dei colori dei rispettivi bolli elettorali di ogni area politica: la coerenza. Una coerenza che nel centrodestra il colore fa emergere chiaramente, e che viceversa non si riscontra nel centrosinistra. Quest’omogeneità cromatica è anche politica: sono infatti ben 6 i simboli che si presentano in più di una città nell’alveo del centrodestra. Oltre ai principali partiti (Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia) ci sono anche il Popolo della Famiglia, il Partito Liberale Europeo e le liste civiche collegate al candidato sindaco: 6 forze su 14, per l’appunto, che riescono quindi a essere presenti in più di una città.
Nel centrosinistra i conti sono ben diversi. Ci sono infatti 25 diverse realtà, e tra queste sono solo 7 a essere presenti in più di un comune. Nello specifico, è solo il Partito Democratico – oltre alle varie civiche dei candidati – a essere presente in tutti e 5 i comuni maggiori al voto. Troviamo poi Europa Verde (presente comunque anche a Torino, ma insieme al M5S), il PSI, Volt (anche se talvolta insieme ad altre forze) e i Moderati. Discorso a parte vale naturalmente per il Movimento 5 Stelle, non sempre presente all’interno di quest’area: nelle città dove il suo simbolo non compare in questa analisi, il Movimento sosteneva un candidato proprio.
Può essere interessante, a questo punto, vedere nel dettaglio la rappresentazione cromatica dei bolli elettorali nella ruota colore in ogni città.
Bologna e Milano risultano essere le città più variopinte a sinistra, con tinte che arrivano sino al viola, un colore tendenzialmente poco considerato, come abbiamo visto nella sintesi cromatica generale. In particolare a Bologna si prende in prestito un colore spesso distante dalla politica: il rosa. Nella stessa città merita attenzione anche il simbolo della lista nata dall’esperienza delle primarie di Isabella Conti, che fa suo il gradiente colore – una scelta stilistica ancora giovane in politica sdoganata recentemente da Italia Viva (e forse proprio da lì ripresa).
Complice anche la scarsità di liste, in queste città il centrodestra risulta molto omogeneo. È nelle altre città che in quest’area politica iniziano a trovare spazio nuove cromie, che ancora una volta riflettono la politica stessa. A inserirsi prepotentemente nella ruota colore del centrodestra è infatti l’arancione, colore simbolo di “Cambiamo!”, il partito di Giovanni Toti.
A Torino invece trova un importante spazio il giallo: questo perché la lista civica “Torino Bellissima” di Paolo Damilano decide di far suoi i colori della città, il giallo-blu, con una scelta che viene utilizzata spesso nelle tornate amministrative. Da qui si può trarre un’ulteriore riflessione: questa tendenza di legarsi ai colori cittadini non pare essere ravvisabile in nessun altro comune maggiore. In questo senso, come dicevamo in apertura, queste 5 città non parrebbero riflettere immediatamente dei codici visivi strettamente legati a elezioni comunali, ma questi potrebbero essere più rappresentativi di trend nazionali.
Il grande campo cromatico scelto del centrosinistra e quello più omogeneo di centrodestra parrebbero quindi essere un immediato riflesso delle rispettive aree politiche: la prima più divisa e articolata e con solo un grande partito di riferimento, la seconda più uniforme, con tre grandi partiti radicati in ogni città.
Due immagini in particolare sembrano confermare a livello politico questa tendenza: le immagini sono tratte dai profili social di Sinistra Italiana, principale partito nazionale di sinistra di opposizione, e de Il Veneto che vogliamo, movimento civico del centrosinistra nato nel 2019 in vista delle elezioni regionali venete. In queste card entrambe le forze danno il loro endorsement a liste e candidati in diverse parti di Italia o del Veneto, e una questione politica emerge con prepotenza: tutti i simboli elettorali e i nomi delle liste – salvo qualche comune riferimento – sono diversi. E, ancora una volta, i codici visivi confermano la disomogeneità politica: i colori dei bolli elettorali sono letteralmente tutti differenti gli uni dagli altri.
La grafica politica si dimostra quindi per ciò che è: non un orpello utile al più a catturare l’attenzione, ma una vera e propria rappresentazione della politica stessa. E non esageriamo: la veste grafica è identità politica.
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