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L’utilizzo dei social network tra gli adolescenti

YouTube è la piattaforma più utilizzata tra i 13 e i 17 anni. Come si può però verificare che chi usa i social abbia l’età minima per farlo? La vicepresidente del garante dati personali Cerrina Feroni apre all’utilizzo dello SPID.

Il Pew Research Center, uno degli istituti di sondaggi e ricerche più validi negli Stati Uniti, ha condotto una ricerca sull’utilizzo dei social network da parte degli adolescenti americani (ma altre ricerche mostrano dati molto simili per quelli europei). Da essa demerge che YouTube viene utilizzato dall’85% di chi è tra i 13 e i 17 anni, Instagram dal 72% e Snapchat dal 69%, mentre Facebook è solo al 51% e Twitter al 32%. Si tratta di una considerevole differenza rispetto a cinque anni prima, quando Facebook era utilizzato dal 71% degli adolescenti. Per quanto riguarda il reddito, sebbene quest’ultimo non sembri influenzare particolarmente l’utilizzo dei social network, chi è a basso reddito tende a utilizzare maggiormente Facebook – un dato che già emergeva in passato. 

Quando si tratta di dire quale di queste piattaforme online si utilizzi di più, circa un terzo degli adolescenti dice di usare Snapchat (35%) o YouTube (32%) più spesso, mentre il 15% dice lo stesso di Instagram e Facebook si ferma al 10%. Le ragazze sono più propense dei ragazzi a dire che Snapchat è l’app che usano più spesso (42% contro 29%), mentre i ragazzi sono più inclini a identificare YouTube come piattaforma di riferimento (39% contro 25%).

Alla domanda su quale sia l’effetto dell’utilizzo dei social network, il 45% degli intervistati ritiene che i social media non abbiano un effetto né positivo né negativo, mentre il 31% sostiene che hanno avuto un impatto prevalentemente positivo e il 24% uno prevalentemente negativo – e tra le ragioni citate dietro quest’ultimo dato ci sono bullismo, pressione dei coetanei, diffusione di visioni irrealistiche della vita altrui, scoraggiamento delle relazioni face-to-face. A questo proposito, la professoressa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente del Garante per la protezione dei dati personali, afferma che «bisogna inserire l’educazione digitale nelle scuole insieme all’educazione civica: è la nuova dimensione del mondo e bisogna capire fin da piccoli come interagire sul web. C’è bisogno di educazione digitale anche per gli adulti, che dovendo formare i figli hanno bisogno anche loro di un patrimonio, altrimenti non hanno nulla da trasmettere».

 

L’utilizzo dei social network passa per lo smartphone, che è posseduto dal 95% degli adolescenti – un dato in aumento di 22 punti percentuali rispetto a un decennio fa. Ad avere accesso anche a un PC è invece l’88% degli adolescenti, con però delle differenze in base al reddito e al livello di istruzione dei genitori. 

Circa il 45% degli adolescenti utilizza internet “quasi costantemente” e il 44% afferma di andare online più volte al giorno. Questo vuol dire che circa nove adolescenti su dieci vanno online in maniera frequente. Le ragazze, inoltre, tendono ad essere costantemente online più dei ragazzi.

Complessivamente, l’84% degli adolescenti ha accesso a una console per videogiochi e il 90% gioca a videogiochi di qualsiasi tipo (su computer, console di gioco o cellulare). In questo caso sono i ragazzi ad usarle di più delle ragazze. Vista quindi la larga fruizione da parte degli adolescenti, è bene che ci sia un corretto utilizzo dei dati legati all’iscrizione e all’utilizzo di queste piattaforme. La vicepresidente Ginevra Cerrina Feroni dichiara, sul punto, che anche la normativa europea sta andando nella stessa direzione: infatti «c’è bisogno di un approccio realistico fondato sulla proporzionalità dei trattamenti rispetto alle finalità, vista anche la bozza di regolamento EU sull’intelligenza artificiale che la Commissione ha presentato nei mesi scorsi. I rischi sono divisi secondo un parametro di rischio crescente, da basso a inaccettabile: questo è il parametro più efficace per stabilire un bilancio ideale tra diritti e rischio».

I dati sui minori che usano internet sono comunque sottostimati per via del fatto che molti bambini e pre-adolescenti riescono a iscriversi ai social pur non avendo l’età minima. «I percorsi da poter sperimentare per garantire che accedano coloro che hanno l’età minima per farlo – afferma la professoressa Ginevra Cerrina Feroni – sono vari: c’è l’utilizzo dello Spid, c’è l’intelligenza artificiale. Spetta alla politica scegliere la strada da percorrere. Lo Spid, in particolare, mi sembra perfettamente ragionevole: lo Stato conosce l’identità di tutti i cittadini e potrebbe dunque diventare il soggetto intermedio tra piattaforme e utenti. Pensando al quadro di rifermento, questo cambierebbe totalmente il modo in cui usiamo i servizi, portando tantissimi dati in mano allo Stato».

Redazione

La redazione di YouTrend

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