Mai come in queste settimane il premier britannico Boris Johnson è sembrato in difficoltà. Alla crisi di consensi, innescata dallo scandalo dei party organizzati nella residenza del primo ministro durante il lockdown, si sono aggiunte le preoccupazioni per lo stato dell’economia, la crisi energetica e l’inflazione. Il risultato è che i Conservatori, che nel 2019 avevano vinto le elezioni con un vantaggio di 12 punti, regalandosi una solida maggioranza parlamentare, oggi sono indietro in tutti i sondaggi. L’ultima rilevazione di un qualsiasi istituto che ipotizzasse un vantaggio del partito di Boris Johnson risale al 6 dicembre 2021. Con i numeri dei sondaggi usciti negli ultimi giorni abbiamo esaminato i problemi dell’ex sindaco di Londra.
La crisi di consensi
Non è la prima volta che Boris Johnson attraversa un momento di difficoltà, ma negli ultimi anni le oscillazioni del suo gradimento andavano di pari passo con le fasi delle pandemia e alla soddisfazione per le misure messe in campo per contrastarla. Johnson ha avuto quindi un gradimento molto positivo fino alle primissime fasi dell’emergenza Covid, per poi scendere e tornare a salire solo con l’entrata nel vivo della campagna vaccinale. Ma i numeri di oggi indicano un malumore che va ben oltre il giudizio sull’emergenza sanitaria e la sua gestione.
Il gradimento di Boris Johnson da inizio 2020 alla fine del 2021
Secondo l’ultimo sondaggio di Opinium, pubblicato lo scorso week end, solo il 24% approva il modo in cui Boris Johnson sta guidando il paese, a fronte di un 58% di pareri negativi (risultato netto, -34%). Per fare un confronto, a metà gennaio 2021, mentre il Regno Unito raggiungeva il picco di morti giornalieri per Covid e il premier stata attraversando un altro periodo difficile in termini di consensi, il gradimento netto era -15%.
Secondo il 63% degli intervistati da Opinium una settimana fa, il premier a questo punto dovrebbe dimettersi. Solo fra gli elettori conservatori c’è una maggioranza che vorrebbe che Johnson rimanesse al comando, ma comunque anche nella sua base elettorale il primo ministro trova un 22% di elettori che gli chiedono un passo indietro.
L’istituto demoscopico si spinge anche a chiedere chi sarebbe il primo ministro più gradito in caso di dimissioni o sfiducia nei confronti di Johnson: l’unico, fra i nomi ipotizzati, che ottiene giudizi positivi è il Ministro delle Finanze Rishi Sunak.
Un elettorato in uscita
La crisi non riguarda però solo il gradimento di Boris Johnson, ma anche i voti che otterrebbe il suo partito se si andasse a votare domani. Tutti gli istituti considerano avanti i Laburisti, con margini più o meno ampi. La buona notizia per Johnson è che due degli istituti più affidabili hanno segnalato una recente inversione di tendenza.
Gli ultimi sondaggi di YouGov e Opinium attribuiscono infatti entrambi ai laburisti un vantaggio di tre punti (37% contro 34%), un esito ben più incoraggiante per i Tories rispetto anche a pochissime settimane fa. Nel caso di Opinium si tratta anche del risultato di un cambio di metodologia, che ha spinto l’istituto demoscopico a considerare più probabile che gli ex elettori conservatori che oggi si dicono indecisi, alla fine tornino a votare per il proprio partito.
L’andamento storico delle intenzioni di voto rilevate da YouGov
Il 22% degli elettori che nel 2019 hanno votato per Johnson oggi si considerano infatti indecisi, il 2% non andrebbe a votare e l’8% sosterrebbe i laburisti di Keir Starmer. “Solo” il 59% di chi ha dato il suo voto a Johnson del 2019 oggi confermerebbe questa scelta. Rispetto a tre mesi fa, il calo dei Conservatori è stato più netto fra i giovani (-7%) e fra gli uomini (-8%, mentre fra le donne il calo è stato di 4 punti).
Il vantaggio permetterebbe ai Laburisti di sgretolare l’ampia maggioranza che oggi i Tories hanno in parlamento, ma difficilmente consentirebbe al partito di Keir Starmer di instaurare una nuova maggioranza autonoma, a meno di non stringere alleanze post elettorali con – ad esempio – lo Scottish National Party. Secondo Britain Predicts, ad esempio, con un vantaggio di 8 punti nelle urne, i laburisti otterrebbero 312 seggi, 14 in meno di quelli necessari per avere la maggioranza assoluta.
La previsione delle distribuzione dei seggi elaborata da Britain Predicts
Party ed economia
Anche i temi del momento non sorridono a Boris Johnson. L’elettorato lo considera senza ombra di dubbio colpevole di aver organizzato delle feste nella propria residenza durante il periodo di lockdown, trasgredendo palesemente le stesse regole che lui stesso aveva imposto ai cittadini britannici. Nonostante la sua difesa, secondo Opinium il 76% degli elettori crede che Johnson abbia violato le regole (ampia maggioranza anche nell’elettorato conservatore) e – cosa forse ancor più grave – il 71% ritiene che il primo ministro non stia raccontando la verità sull’accaduto.
Anche sui temi economici, come l’inflazione e l’aumento dei costi dell’energia, Johnson sta incontrando difficoltà. Opinium, ad esempio, ha chiesto agli elettori chi fra Boris Johnson e Keir Starmer sarebbe in grado di conseguire determinati obiettivi economici, e il leader laburista ha ottenuto risultati migliori in diversi punti chiave, come una miglior spesa pubblica, e il miglioramento sia dei servizi pubblici che della situazione finanziaria dei cittadini. Solo per quanto riguarda la riduzione del debito i cittadini dimostrano di fidarsi maggiormente di Boris Johnson.
Anche quando si tratta di comparare le proposte per risolvere il problema del costo dell’energia, è Starmer a emergere, ancora una volta, vincitore. Fra i sussidi proposti da Johnson e gli aiuti proposti dal leader laburista (che prevedono anche un aumento delle tasse per le compagnie che estraggono petrolio e gas naturale nel Mare del Nord per finanziarsi), gli elettori preferiscono ampiamente la seconda (48% a 15%). Secondo quasi un britannico su tre, inoltre, il governo potrebbe fare di più sul tema dei costi dell’energia. Una questione cruciale per Boris Johnson, soprattutto se si pensa che oltre l’80% degli elettori ha notato un aumento del costo della vita e un’ampia maggioranza teme che nei prossimi mesi la sua situazione finanziaria peggiorerà ulteriormente.
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