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Quanti e quali Stati possono essere definiti “democrazie”?

Secondo l’Economist nel 2021 a vivere in una democrazia è il 46% della popolazione mondiale. Il dato è in calo rispetto all’anno prima.

La scorsa settimana l’Economist ha pubblicato i risultati del nuovo Democracy Index, l’indice che misura il livello di democrazia degli Stati.

L’indice è composto da 5 indicatori: processo elettorale e pluralismo, libertà civili, funzione del governo, partecipazione politica, cultura politica. A ognuno di questi indicatori viene assegnato un punteggio da 0 e 10; successivamente sulla base della media si compone il punteggio che porta a classificare le nazioni in 4 categorie: democrazie piene, democrazie imperfette, regimi ibridi e regimi autocratici. Questa analisi viene condotta annualmente dal 2006, con l’eccezione di 2007 e 2009.

Nel 2021 l’Economist ha classificato 167 Stati, suddividendoli così sulla base dei punteggi: 21 sono democrazie piene, 53 sono democrazie imperfette, 34 sono regimi ibridi e 59 sono regimi autoritari. A vivere in una democrazia, piena o imperfetta, è il 45,7% della popolazione mondiale, mentre in un regime ibrido vive il 17,2% e in un regime autoritario il 37,1%. 

Il Democracy Index medio dell’Europa occidentale è 8,23 su 10, poco sotto l’8,36 dell’America Settentrionale. A 5,83 troviamo l’America latina, a 5,46 l’Asia, a 5,36 l’Europa centro-orientale, a 4,12 l’Africa subsahariana e a 3,41 il Medio Oriente e il Nord Africa. 

L’Italia è la 31a democrazia del mondo ed è classificata come “democrazia imperfetta” con un punteggio di 7,68 (bisogna infatti superare 8 per essere una “democrazia completa”). Ad abbassare il risultato tra le 5 categorie è in particolar modo il funzionamento del governo, che ottiene solo 6,43, mentre la partecipazione politica, la cultura politica e le libertà civili sono tra 7 e 8. Solo il processo elettorale è da democrazia piena con un punteggio pari a 9,58.

 

 

Il Paese più democratico del mondo è la Norvegia, che ottiene un punteggio di 9,75. Seguono Nuova Zelanda, Finlandia, Svezia, Islanda, Danimarca e Irlanda, tutte con un punteggio complessivo superiore a 9. Tra i grandi Stati europei troviamo la Germania al 15° posto, il Regno Unito al 18°, la Francia al 22° e la Spagna al 24° (e questi ultimi due Stati, proprio come l’Italia, sono considerati democrazie imperfette).

Gli Stati Uniti si posizionano al 26° posto come democrazia imperfetta, mentre il Canada è al 12° ed è considerato una democrazia piena. In Asia solo Corea del Sud, Taiwan e Giappone sono considerate democrazie complete, mentre in Sud America lo è solo l’Uruguay. 

Nei regimi ibridi, tra gli altri, troviamo il Messico, la Turchia, il Pakistan, l’Ucraina, la Bolivia e il Marocco. Sono invece considerate dittature la Russia, la Bielorussia e la Cina, oltre che la stragrande maggioranza degli Stati del Medio Oriente, della penisola arabica e dell’Africa.

Rispetto al 2020, nel complesso sono 73 gli Stati che hanno visto diminuire il Democracy Index, 46 quelli che non hanno registrato variazioni significative e 48 quelli che hanno fatto progressi.

Tra gli Stati che nel 2021 sono arretrati di più rispetto all’anno prima c’è l’Afghanistan, che è passato da un punteggio di 2,85 a uno di 0,32 dopo essere caduto sotto il controllo dei talebani. Calo ingente anche per il Myanmar, che è passato da 3,04 a 1,02, e per il Nicaragua, passato da 3,6 a 0,91. I maggiori aumenti li hanno invece registrati Zambia (da 4,86 a 5,72), Indonesia (da 6,3 a 6,71) e Qatar (da 3,24 a 3,65). Per quanto riguarda l’Italia, infine, il punteggio è sceso in maniera quasi impercettibile da 7,74 a 7,68.

 

Lorenzo Ruffino

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