Gli esseri umani per migliaia di anni hanno distrutto le foreste. 10 mila anni fa circa il 57 per cento della terra abitabile era ricoperta da foreste, mentre ad oggi lo è solo il 38 per cento: in termini assoluti sono spariti circa 2 miliardi di ettari di foreste. I nostri antenati hanno distrutto un’area forestale grande il doppio degli Stati Uniti.
Perché distruggiamo le foreste
Come spiega il ricercatore Max Roser su Our World in Data, un progetto da lui fondato e diretto, alla base della distruzione delle foreste c’erano e ci sono ancora oggi due bisogni: terra e legno. Si sono distrutte le foreste per l’agricoltura e per ricavare il legno da usare poi per case, navi, carta e soprattutto come fonte di energia.
Attualmente la parte abitabile della Terra è costituita al 38 per cento da foreste, al 15 per cento da campi di colture, al 31 per cento da terra da pascolo, al 14 per cento da prati e arbusti selvatici e all’1 per cento da zone urbane.
Negli ultimi anni la deforestazione ha avuto un importante rallentamento, ma in alcuni paesi continua tutt’ora. La maggior parte delle foreste che oggi vengono distrutte si trovano ai tropici, alcune delle regioni più ricche in termini di biodiversità nel nostro pianeta. L’Amazzonia brasiliana viene distrutta in gran parte per fare spazio ai terreni agricoli per allevare il bestiame, che serve a soddisfare prevalentemente i consumatori locali – anche se il 12 per cento va nei paesi ad alto reddito.
Il consumo di carne è un grande fattore di deforestazione, perché – spiega Roser – è un modo molto inefficiente di produrre cibo. La quantità di suolo necessaria a produrre la carne è sensibilmente più di quella necessaria per gli alimenti di origine vegetale: ridurne il consumo è quindi un semplice modo per aumentare la resa dei terreni. Una riduzione della produzione intensiva di carne, in particolare di manzo, sarebbe un modo importante per fare progressi e porre fine alla deforestazione.
La fine della deforestazione?
Dopo migliaia di anni di deforestazione sta cambiando qualcosa? Sì. Molti paesi hanno infatti smesso di distruggere le foreste e i boschi, anzi ora stanno cercando di farli espandere. Questa inversione, dalla deforestazione al rimboschimento, è chiamata forest transition. La parte di terra coperta da foreste e boschi sta aumentando, ad esempio, in Inghilterra, Francia, Cina, India e Vietnam.
Alla base di questa trasformazione, spiega Roser, c’è il progresso tecnologico che ha ridotto la domanda di legna da ardere e di terreni agricoli. Da una parte l’utilizzo prima dei combustibili fossili e più recentemente delle rinnovabili e del nucleare ha permesso di sostituire il legno come fonte di energia, dall’altra aumentando la resa del terreno si è potuto ridurre le aree destinate all’agricoltura. Colture moderne innovative, fertilizzanti, pesticidi e irrigazione rendono infatti possibile l’aumento della produttività della terra.
Per proteggere le foreste della Terra il mondo non deve limitarsi a bloccare la deforestazione, ma impegnarsi nella riforestazione per compiere una transizione forestale globale. I paesi dove ci sono le foreste temperate, come Europa, Stati Uniti e Canada, hanno già invertito il trend bloccando la deforestazione e lavorando per aumentare la parte di terra coperta dalle foreste.
La sfida è cercare di ottenere lo stesso dai paesi dove ci sono le foreste tropicali. Si stanno sicuramente facendo progressi: il tasso di deforestazione ai tropici ha raggiunto il picco negli anni ‘80 e da allora si è ridotto di un terzo. Se riusciremo a ridurre ulteriormente la domanda di legna da ardere e terreni agricoli si potrebbe porre fine alla deforestazione ai tropici.
Come si pone fine alla deforestazione? Non c’è una risposta univoca, conclude Roser. Ma sicuramente gli elementi fondamentali sono un aumento della produttività dei terreni, una riduzione del consumo di carne e il passaggio a fonti di energia più moderne.
In conclusione, per la prima volta in millenni potremo riuscire ad avere un aumento delle foreste e non una loro diminuzione.
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